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La Guardia Nazionale

Magliano Vetere, Capizzo e Magliano Nuovo  “Il Corpo della Guardia Nazionale dopo la Spedizione di Garibaldi.”

Nel mese di marzo 1861, mentre Vittorio Emanuele II veniva proclamato, a Torino, Re d’Italia dal primo Parlamento riunito, in tutto il meridione si sviluppavano ribellioni ed insurrezioni di ogni genere contro i Piemontesi e in favore di Francesco II di Borbone, fuggito a Roma dopo la sconfitta sul Volturno dell’ottobre 1860, ove era ospite del Papa Pio IX.
Premettiamo che questo stato di cose durò per circa un decennio, e sicuramente fino al 1870, quando Francesco II abbandonò Roma, andandosene a Parigi, ormai rassegnato a non poter più tornare sul trono di Napoli. Cercheremo ora di tracciare un breve bilancio di questo tormentato decennio nel quale si distinse anche Magliano con la sua decisa volontà di conservare l’ordine istituito dai Piemontesi e di rifiutare, quindi, sogni nostalgici di restaurazione dei Borboni.
Dopo lo scioglimento, a Teano, alla fine del 1860, nell’esercito che aveva combattuto con Garibaldi si verificarono subito fatti molto gravi,che turbarono fortemente il già precario equilibrio economico e sociale in tutto l’ex regno dei Borboni.
Infatti ex sottoufficiali e soldati del disciolto esercito borbonico, contadini che rifiutavano la leva militare, ex galeotti fuggiti dal carcere nella generale confusione, picciotti che non avevano ottenuto, dopo aver combattuto, un posto nell’organico dell’esercito piemontese, come era loro desiderio, nostalgici fanatici di un regime che era durato a Napoli, ininterrottamente, dal 1734 al 1860, per manifestare la propria contrarietà ai Piemontesi, costituirono oltre 300 bande di briganti che assalivano i centri abitati, sequestravano i benestanti, uccidevano coloro che non pagavano il riscatto e costringevano i malcapitati ad inneggiare in favore dei Borboni.
Nel mese di agosto del 1861, quando la rivolta divampava quasi dappertutto nonostante la fucilazione di molti capibanda, fu mandato da Torino a Napoli il Generale Enrico Cialdini con i pieni poteri di azione per garantire l’ordine.
Questo militare dal carattere di acciaio dette inizio ad una delle più violente repressioni militari ricordate negli annali della nostra storia. Facendo leva sulla forza di un esercito piemontese di oltre centomila uomini, fece fucilare decine di migliaia di rivoluzionari, ricorrendo persino alla distruzione delle case e dei contadini ribelli.
Uno dei provvedimenti adottati da Cialdini fu l’istituzione, nei vari paesi, di corpi armati di volontari civili, col compito di far fronte al brigantaggio. In questo contesto si inserì il Comune di Magliano Vetere e le due frazioni, ove furono costituiti tre corpi di volontari definiti “guardia nazionale”.
A questi volontari della difesa del proprio territorio veniva fornito un fucile militare con un numero limitato di cartucce e veniva, inoltre, consentito di ricoprire una fittizia qualifica militare di servizio.
La guardia nazionale di Capizzo era guidata dal sottotenente Costantino Morra e comprendeva 56 volontari tra i quali risultavano occupare un grado di Sergente: Antonio Matonte e Morra Raffaele, di caporale: Auricchio Mauro, Auricchio Giovanni, Matonte Francesco, Morra Fortunato. Gli altri ricoprivano la semplice carica di milite. Tra tutti sapevano firmare solo 14 persone; gli altri erano analfabeti. Lo stemma della guardia nazionale di Capizzo, ancora esistente agli atti della famiglia Morra, viene qui riprodotto per gentile concessione del giudice Vito Morra. La guardia nazionale di Magliano Vetere, composta da 35 volontari, era guidata dal sergente Raffaele Rocco. I volontari erano tutti militi, ad eccezione di Angelo Catino fu Antonio, che aveva il grado di caporale. Tra questi erano in grado di firmare solo 13 persone: gli altri erano del tutto privi di istruzione. A Magliano Nuovo, nel 1866, erano iscritti alla guardia nazionale 35 cittadini, agli ordini del sottotenente Raffaele Cinelli e Luciano Pasca. Vi erano, poi, i sergenti: Carlo de Bellis, Giuseppe Maucione, e i caporali Adriano Pasca e Filippo Siniscalchi. Dalle firme apposte sul registro delle ricevute del fucile e delle munizioni risulta che di questi erano capaci di firmare solo dieci volontari.
Nello stesso anno 1866 il sottotenente Luciano Pasca fece richiesta al Comune di altri 10 fucili e relative munizioni per altrettanti cittadini, che desideravano essere armati, compreso il sacerdote Samuele Maucione. Questa nuova richiesta era giustificata dal tenente Pasca col fatto che il brigantaggio andava aumentando.
Questo nutrito corpo di volontari partecipò come abbiamo detto altrove, alla battaglia di Magliano la mattina del 4 giugno 1863 contro la banda borbonica capitanata dal colonnello Giuseppe Tardio.
I tre corpi dei volontari furono sciolti dopo il 1870, ma fino a quel momento dimostrarono di non aver alcun rimpianto per la scomparsa monarchia dei Borboni e di accettare il nuovo governo dei Piemontesi, nonostante le non sempre gradite novità di cui questi erano portatori.