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itinerario 3

DALL’OASI NATURALISTICA DI PERSANO AL CUORE DEL PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO.

…entra in aree protette o marginali e proprio perciò fragili, con un impatto leggero e un comportamento di estremo rispetto e rispettoso delle culture locali…
La Comunità Montana del Calore Salernitano, oltre a rappresentare una delle otto comunità montane inserite nell’ambito del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, contiene al suo interno due Oasi naturalistiche ( “Gole di Felitto” e “Bosco delle Camerine”)e ne lambisce con la parte Nord-Est del suo territorio una terza ( “oasi di Serre Persano“).
L’itinerario proposto vuole essere di guida per un percorso a sfondo prettamente naturalistico, che si svolge attraverso le seguenti tappe:Percorrere l’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, uscita Eboli, immettersi su S19 (Nord) per 13,3 km e svoltare a destra ( Sud-Est) su strada locale per 0,1 km, si raggiunge così l’Oasi di Serre Persano.Estensione: Circa 110 ettari l’area gestita dal WWF.
Gestione: I 110 ettari dell’Oasi sono gestiti direttamente dal WWF in convenzione con il Consorzio di bonifica Destra Sele.
Ambiente: Pianura alluvionale formata dal fiume Sele, tra i Monti Alburni e i Picentini: una diga ha creato un invaso circondato da bosco igrofilo presente anche lungo il fiume. Nell’Oasi sono compresi il fiume, l’invaso artificiale con la zona palustre, il canneto e il bosco ripariale. Intorno alla zona umida prevalgono la macchia mediterranea e i boschi cedui, nonché prati e campi coltivati.
Flora e fauna: Salici, Ontani neri e Canne caratterizzano il bosco igrofilo più vicino all’acqua; a questo succede una vegetazione a Pioppo bianco e Pioppo nero, Orniello e Fraxinus oxycarpa. La vegetazione arborea è accompagnata da Tife, Narcisi, Iris gialli. Simbolo dell’Oasi è la Lontra, e a ragione, dato che le acque del lago ospitano una popolazione di questo sempre più raro carnivoro: questo “indicatore biologico” della qualità delle acque e dell’ambiente è difficile da osservare, ma di essa si possono incontrare le evidenti tracce. Altri mammiferi presenti sono la Puzzola, la Donnola, il Tasso, il Cinghiale. In inverno sono presenti migliaia di uccelli acquatici: Airone cenerino, Cormorano, diverse anatre tuffatrici. In primavera Garzetta, Airone rosso, Nitticora, Nibbio bruno, Sgarza ciuffetto; le isole di fango che emergono all’abbassarsi dell’acqua attraggono gli uccelli limicoli. Alcune coppie di Svasso maggiore sono nidificanti. Abbondante è anche la fauna ittica, tra cui va ricordata l’Arborella appenninica.
Attività: Educative e di ricerca scientifica, censimenti.
Strutture: Percorsi-natura, Centro visite, capanni di osservazione.
Visite e numeri utili: Aperta tutto l’anno; da ottobre a maggio visite mercoledì, sabato e domenica alle 10:00 e alle 15:00; da giugno a settembre alle 9:00 e alle 17:00. Per gruppi e scolaresche prenotazioni presso l’Oasi, tel. 0828974684.
Dall’Oasi si raggiunge il Comune di Altavilla Silentina percorrendo 1 km (Sud-Ovest) la SS19, e per 8,3 km (Sud) una strada locale..
Le antiche origini di Altavilla sono confermate dalla scoperta di una tomba dipinta del Vll sec. a.C., del cui corredo fa parte un vaso attribuito al “pittore di Altavilla”.
Circondata da mura, I’Altavilla normanna presenta ad Oriente la porta di Susa, a Mezzogiorno quella di S. Egidio e ad Occidente la porta di S. Biagio. Successivamente, a Settentrione fu costruita la Porta Nuova. Le torri che rinforzavano tali porte furono probabilmente distrutte per ordine di Federico II, allorché in Altavilla si rifugiarono i baroni ribelli dopo la congiura di Capaccio.
Fu risparmiata dalla distruzione la chiesa di S. Biagio. Le torri oggi visibili hanno invece una struttura angioina, frutto di posteriori fortificazioni. Nel 1269 Carlo I d’Angiò concesse Altavilla al suo ciambellano Martino di Dardano, che in seguito pretese il possesso anche di Persano e del porto di S. Angelo, su cui vantavano diritti Ruggiero di Monteforte e I’abate salernitano di S. Benedetto.
Dopo vari passaggi, nel 1363 il feudo passò a Ruggiero Sanseverino, e poi a Nicola Grimaldi, principe di Salerno.
Successivamente tale feudo rimase in possesso dei Colonna fino agli inizi del ‘700. Passato agli Spinelli, conti di Bovalino e duchi di Castelluccia, rimasta la famiglia senza eredi, il feudo torno alla Corona e, da Carlo di Borbone, fu concesso a Gabriele Solimene, nobile di Nocera dei Pagani. II feudo rimase proprietà dei Solimene fino agli ultimi decenni del ‘700.
Da vedere: il Convento di S. Francesco, costruito nel 1435, che custodisce un dipinto del Solimene raffigurante S. Francesco, la Chiesa di S. Biagio (del 1305), la Chiesa dell’Assunta (del 1755), la Chiesa di S. Egidio (del 1100), la Chiesa di S. Antonio Martire ( del 1492), la Chiesa del Carmine (del 1560), il Castello Mottola, e i siti archeologici di S. Lorenzo in località Castelluccio e di Madonna della Neve.
Passeggiate nel verde: il bosco Chianca (50 ha di cerri, carpini), il bosco Macchia (90 ha di cerro), il bosco Foresta (5 ha di leccio e di cerro); sulle sponde del fiume Calore dimora la lontra specie in via di estinzione e animale simbolo del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Percorrendo la SS 488 e la SS 166 per un totale di circa 38 km in direzione Sud, si giunge al comune di Sacco. Sono da segnalare lungo il percorso, due comuni che pur non facente parte di quelli del comprensorio della Comunità Montana, rappresentano dei siti interessanti. Sono Bellosguardo e Roscigno Vecchio.
Sacco vecchio sorge ai piedi del Monte Motola, presso il fiume Sammaro, in luogo accessibile soltanto da due gole. Provvisto di mura e torri, per la sua ubicazione, fu abbandonato a favore dell’odierno sito posto in luogo più aperto. Nei registri angioini Sacco è citata nel 1269, allorché fu ordinato al feudatario Nicola di Sacco di radunare la quinta parte dei militi da inviare in Romagna. Passato ai Sanseverino, conti di Capaccio, il feudo rimase in loro possesso fino alla seconda metà del ‘400. Nel 1487 re Ferrante vendette Sacco; in seguito questo fu feudo degli Arcamone, mentre nel 1560 appartenne a Giannantonio Capece. Successivamente passò ai Carafa.
Da vedere: la Chiesa di S. Silvestro, creta intorno al 1700, museo artigiano di opere e sculture in legno.
Passeggiate nel verde: il Bosco Motola, con macchia mediterranea, le sorgenti del fiume Sammaro, sul fondo di una stretta ed incassata gola.
Dopo aver percorso altri 8,4 km su strada locale si giunge al Comune di Piaggine.
Antico casale di Laurino, sembra sia sorto sulle rovine di un “castelluccio”, vale a dire una torre di avvistamento e di difesa. Segue quindi le sorti di Laurino, suddiviso in Piaggine Soprane e Piaggine Sottane. Nel 1508 Roberto Sanseverino, principe di Salerno, lascio al suo uditore, Giovanni Scatteretico di Laurino, i casali sia di Piaggine Soprane che Sottane.
Dopo essere appartenuto a lungo ai Sanseverino, il casale passò al fisco, da cui venne acquistato da Francesco Revertera, luogotenente della Regia Camera della Sommaria. Nel 1563 il feudo di Laurino, con Piaggine e Fogna (Villa Littorio), fu acquistato da Giovanni Carafa Sanseverino. II feudo rimase ai Carafa Sanseverino fino al 1704, anno in cui a Battista Carafa successe il npiote Giuseppe Spinelli.
Piaggine fu decimata dalla peste nel 1656.
Da vedere: la Chiesa della Madonna del Carmine, risalente al 1400, con l’annesso convento dei cappuccini, di cui rimane solo il chiostro, la Chiesa di S. Nicola (del 1400), la Chiesa della Madonna del Vivo, e la Chiesa di S. Pietro.
Passeggiate nel verde: il Bosco Temponi (60 ha di faggeta) ed il Bosco Fontana dei Caciocavalli (10 ha di faggi ed ontani), l’Oasi di Protezione Naturale del Cervai con cervi, mufloni e daini.
A circa 2 km da Piaggine vi è il piccolo Comune di Valle dell’Angelo.
Situata ai piedi del Monte Ausinito, vi si venera I’Arcangelo Gabriele, da cui il nome del casale e della sua vallata. Fu con Piaggine casale di Laurino. Nel 1571 si staccò da Laurino per i pagamenti fiscali, divenne poi frazione di Laurino e successivamente, in seguito a decreto reale, ottenne la denominazione di Valle dell’Angelo.
Valle dell’Angelo fu decimata dalla peste nel 1656.
Da vedere: la Chiesa di S. Barbato, eretta intorno al 1700, con il coro di pregevole fattura settecentesca.
Passeggiate nel verde: il Bosco Mercuri (300 ha di piante ad alto fusto), il Bosco Rotondo (200 ha di piante ad alto fusto) ed il Bosco Medicale (200 ha di piante ad alto fusto); passeggiata lungo le sponde del Calore. Si possono osservare cinghiali, volpi, falchi, lepri e lupi.
Percorrendo su strada locale 3,6 km si raggiunge il Comune di Laurino.
Posto su di un colle a 531 m s.l.m., l’abitato di Laurino, in parte cinto da antiche mura, si trova sulla sponda destra del fiume Calore.
Le origini di Laurino risalgono al periodo precristiano. Il suo nome deriva dal latino laurus (alloro).
Nel VI secolo diede i natali alla vergine anacoreta Elena Consalvo, oggi santa e patrona del paese.
Il nome di Laurino compare per la prima volta in un documento del 932, in cui si parla del Castellum de Lauri. Altri documenti parlanti del castello di Laurino sono del 1079 e del 1381.
Nel 1273 il feudo di Laurino passò ai Sanseverino, esso fu perso poi da Guglielmo per fellonia, ma ritornò in possesso della famiglia nel 1496.
Nel 1553 il feudo fu acquistato da Fabio Carafa. Ai Carafa rimase fino al 1704, anno in cui a Vittorio Carafa successe il nipote Giuseppe Spinelli. Agli Spinelli il feudo rimase fino all’abolizione del feudalesimo.
Laurino partecipò attivamente ai moti del Cilento del 1848.
Da vedere: la Chiesa di Santa Maria Maggiore (edificata nell’anno 1000 e ricostruita nel 1776), La Chiesa dell’Annunziata (del !500, costruita su di una chiesa preesistente), la Chiesa di Ognissanti (edificata prima del 1300), la Chiesa di San Biagio, la Chiesa di Sant’Antonio, il Convento di S. Antonio, il Palazzo Ducale, ed il Museo Archeologico con reperti anche di epoca precristiana
Passeggiate nel verde: Laurino è uno dei comuni della Comunità Montana del Calore Salernitano con maggiore estensione territoriale. Esso presenta molta superficie boscata, tra cui il bosco di Monte Cavallo (150 ha di alto fusto con prevalenza di cerro e faggio) e il bosco Farneta (100 ha di alto fusto con presenza di roverella, cerro e leccio).
Da Laurino percorrendo verso Ovest la SS 488 per circa 10 km si raggiunge il Comune di Felitto.
Incerta è l’origine del suo nome: secondo alcuni deriva dal latino filix (felce), secondo altri dal greco phelistion oppure phiulatto (guardare, custodire, vigilare). Quest’ultima ipotesi sembra la più accreditata, vista l’origine greca del paese e considerata la sua posizione topografica.
Il suo nome compare per la prima volta nel 1191, in una bolla di Celestino III.
Nel 1269, con il titolo di barone, ne entrò in possesso Guglielmo da Sancto Lupo.
Nel 1308 era signore di Felitto Riccardo Domnusco, dopo il 1380 ne fu signore Nicola Sannazzaro di Pavia. Successivamente fu dei Sanseverino.
Intorno al 1700 Felitto era ancora circondato da robuste mura, intervallate da torri. Vi si accedeva attraverso tre porte di cui, alla fine del 1700, ne esistevano ancora due.
Ai primi del 1800 era ancora posseduto dai Carafa.
Il paese ebbe un grande ruolo nelle vicende storiche del periodo risorgimentale del Cilento.
Da vedere: i ruderi delle vecchie torri medioevali, costruite tra il 1000 e il 1100 e la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1200, e l’intero centro storico caratterizzato da portali di notevole pregio e scorci suggestivi;
Passeggiate nel verde: Felitto presenta notevoli estensioni di boschi, tra cui il bosco Farneta (750 ha di macchia mediterranea, con presenza di cerro) e il bosco Montagna (750 ha di macchia mediterranea, con presenza di leccio).
Una spettacolare attrattiva della natura è rappresentata dal fiume Calore che, attraverso meandri stretti e tortuosi (è per questo motivo che vi si svolgono anche campionati di canoa), si incunea tra pendici ricoperte da rigogliosa e fitta vegetazione tra cui leccio, orniello, carpino nero, edera, pungitopo, felci, ospitando un’interessante fauna ittica, tra cui anche trote, che nelle sue acque fredde trovano il loro habitat ideale; località “Remolino” che presenta un parco attrezzato a ridosso del fiume Calore.
Da questo punto nasce l’Oasi protetta di Felitto.
Ambiente: Gole fluviali strette e profonde, formate dal Calore salernitano lungo il suo corso, da Felitto a Magliano. Si tratta di ambienti ancora molto selvaggi, che conservano aspetti naturalistici, interessanti da vari punti di vista: geologico, botanico e faunistico. numerosi sono le “marmitte”, vasche naturali scavate nella roccia dalla forza delle acque: alcune hanno circonferenze di alcuni metri. Le marmitte si formano nei punti in cui la gola è molto stretta e il vorticare dell’acqua, unito all’azione erosiva dei ciottoli e della sabbia forma questi “vortici pietrificati”.
Flora e fauna: La particolare condizione climatica delle gole fa si che la flora sia rappresentata da una incredibile varietà di felci, associate ad equiseti, che costituiscono associazioni vegetazionali uniche. In alto si trovano boschetti con frassino, orniello, viburno, alloro, ontano, maggiociondolo, alternati alla macchia mediterranea formata da mirto, lentisco, corbezzolo, ginestra, alaterno, erica arborea. Tra gli uccelli sono presenti molti rapaci, come astore, poiana e gheppio,che trovano il loro ambiente otiimale nelle alte e ripide pareti della gola; presenti anche picchio verde, ghiandaia, merlo acquaiolo, martin pescatore, passero solitario. Tra i mammiferi, la specie più esclusiva è la lontra, che nelle pulitissime acque del fiume trova il suo habitat più congeniale. Estensione: 150 h.
Gestione: Diretta del WWF Italia, tramite convenzione con il Comune di Felitto
Strutture: Centro visite, area di sosta in località “Remolino”.
Visite e numeri utili: Aperta tutto l’anno Visite guidate sabato e domenica, alle 10:00 e alle 15:00. Prenotazioni presso il Comune di Felitto, tel. 0828945028, oppure Enzo Armenante, tel. 03683986324 oppure contattare la guida, Aniello Sorrentino, tel.0339 8841963.
Tappa successiva dell’itinerario è Castel San Lorenzo, a soli 5 km da Felitto lungo la SS 488.
Il primo insediamento di Castel San Lorenzo si formò intorno al monastero di San Lorenzo de Strictu, esistente già nel 1144 e si estese come sua proprietà.
Successivamente il monastero perse la potestà del villaggio, per riacquistarla successivamente grazie all’intervento di Carlo I d’Angiò e riperderla definitivamente nel 1497. Passò definitivamente ai Carafa, principi di Stigliano, sotto cui è rimasto fino agli inizi del 1900.
Da vedere: il castello (costruito tra il XIII e il XIV secolo ed attualmente in fase di restauro), la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano (risalente al XVIII secolo), la Chiesa di San Giovanni Battista (costruita nel XII secolo in stile romanico) e la Chiesa della Madonna della Stella (edificata nel XII secolo). Interessante è il Museo della civiltà contadina e dell’artigianato locale, presso la Scuola Media Statale, che conserva strumenti ed utensili vari adoperati un tempo in campo agricolo ed artigianale.
Passeggiate nel verde: Castel San Lorenzo è caratterizzato da un territorio a carattere prevalentemente collinare; pochi sono i suoi boschi, tra cui segnaliamo bosco Infitina, bosco Scanni Rossi, bosco Zembrone (con macchia mediterranea), bosco Laurenti e Bosco Foresta (castagno); di rilievo il percorso, che si svolge in parte tra i vigneti, lungo il fianco sinistro della media valle del Calore che occupa una posizione dominante la confluenza del torrente Ripiti con il fiume Calore.
Da Castel San Lorenzo si giunge percorrendo 2,3 km su la SS 488 e 2.3 km lungo la SS 166 a Rocca d’Aspide.
E’ sicuramente il centro più importante della Comunità Montana del Calore Salernitano (di cui ne è la sede amministrativa) e ciò è testimoniato anche dalla presenza di diverse strutture pubbliche cui fa riferimento la popolazione della valle del Calore.
E’ probabile che la sua fondazione sia avvenuta intorno al 70 a. C. ad opera di alcuni ribelli di Spartaco, i quali costruirono le proprie dimore sullo sperone roccioso dove oggi sorge il castello.
Il suo nome ha subìto delle modifiche nel tempo: nel 900 era chiamata Casavetere di Capaccio o San Nicola de Aspro, nel 1191 compare per la prima volta il nome di “Rocca”, a dimostrazione dell’esistenza di una rocca o di una torre. Successivamente diventò Rocca de Aspro (in greco aspro significa scudo o difesa), quindi Rocca de Aspris , poi ancora Rocca del Aspidi, Rocca dell’Aspide e quindi definitivamente, intorno alla metà del secolo scorso Roccadaspide.
La sua storia è legata a quella del castello feudale, eretto nel 1245 ai tempi di Federico II. Fu dapprima di Fabio Castrioto per passare poi a Bartolomeo Caracciolo e quindi ai principi Filomarino di Napoli.
Oggi il castello appartiene alla famiglia Giuliani che lo acquistò dai Filomarino, insieme ad altri beni e proprietà, nel primo trentennio del secolo scorso.
Da vedere: il Castello Feudale costruito intorno al 1000, la Chiesa Madre di Santa Sinforosa (nel cuore del centro storico, costruita intorno alla metà del secolo XV e dedicata alla patrona del paese), la Chiesa della Natività della Beata Vergine (del secolo XVII, la più grande del paese, riaperta al culto di recente dopo i restauri dai danni del terremoto del 1980), la Chiesa di Santa Maria delle Grazie con annesso il Convento di S. Antonio (costruiti nel 1495), la Chiesa del Carmine o dei Morti (situata nella piazza centrale del paese e risalente al XVIII secolo).
Passeggiate nel verde: Rocca d’Aspide presenta interessanti risorse boschive, tra cui soprattutto castagneti da frutto, producenti il rinomato “marrone di Roccadaspide” e che si estendono su una superficie di oltre 100 ha. Importanti sono anche gli oltre 700 ha di bosco ceduo, con cerro, roverella, carpino nero e orniello del bosco di Piano delle Mandorle; interessante è percorrere le rive del Calore il cui corso in questo tratto è tortuoso e spettacolare.
Ultima meta di questo itinerario è rappresentata dal comune di Albanella ubicata a 11 km da Rocca d’Aspide, lungo la strada Provinciale.
Le origini di Albanella risalgono ai profughi di Paestum che, dopo le incursioni saracene del IX secolo, cercarono insediamenti più sicuri. II ritrovamento di tombe, databili intorno alla fine del V secolo a.C., attesta pero che in quel luogo erano presenti già insediamenti urbani dei Greci o Lucani della vicina Paestum.
L’etimologia del nome potrebbe derivare da Alba (bianco oppure alto) ed Ellas (Grecia), la terra natia dei profughi pestani, fondatori di Albanella.
Fonti storiche testimoniano I’appartenenza di Albanella alla Baronia di Fasanella e successivamente feudatario di Albanella Giovanni di Montenegro, signore di Corneto e Rocca dell’Aspro.
Nel 1465 Albanella passò a Roberto Sanseverino, conte di Caiazzo, il quale nel 1484, con assenso reale, donò al figlio Giovan Francesco il feudo, comprendente tra gli altri Felitto, Roscigno, Serre, Campora e Persano.
Vari Signori si sono poi succeduti nel possesso di Albanella, fino alI’abolizione del feudalesimo.
Da vedere: la Chiesa di S. Sofia, edificata nel 1500, che custodisce un antico organo a canne perfettamente funzionante e la statua di S. Sofia,
Passeggiate nel verde: il bosco Camerine (111 ha di macchia Mediterranea), il Parco della Giunta Sele e Calore, il Parco del Fiume Cosa e la Collina Della Difesa Ciglio.
Oasi protetta del ” Rifugio Bosco Camerine”.
Ambiente: Collina subcostiera.
Flora e fauna: La vegetazione è costituita prevalentemente da macchia mediterranea a corbezzolo, mirto, lentisco, caprifoglio, prugnolo, biancospino, erica. La vegetazione boschiva è composta da cerro, roverella e pero selvatico. Numerose orchidee selvatiche colorano le zone prative. Numerosi uccelli di macchia frequentano l’area, oltre a ghiandaia, poiana, nibbio bruno, gruccione. Tra i mammiferi, donnola, faina, riccio, cinghiale, tasso. Estensione: 100 ettari.
Gestione: Diretta del WWF Italia, tramite convenzione con il Comune di Albanella.
Strutture: Centro Visite presso il Comune di Albanella, (da settembre apertura del Centro visite all’ingresso dell’Oasi), sentieri natura.
Visite e numeri utili: L’oasi è aperta tutto l’anno. Le visite sono guidate e si effettuano giovedì, sabato e domenica alle 10:00 e alle 15:00. Per gruppi e scolaresche è necessario prenotare, telefonando alla guardia, Alberto Scorziello, tel. 3397007418, oppure al responsabile, Vincenzo Armenante, tel 03683986324, o alla sezione regionale WWF Campania, tel 0815607000, fax 0815601715.