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Itinerario 2

A SPASSO TRA I VIGNETI.

Vini, olio e altro ancora da assaporare, per un itinerario che vuole guidare il viaggiatore attraverso uno degli aspetti della cultura di queste vallate nel cuore del Cilento. Dall’uscita Battipaglia dell’autostrada A3 percorrere la SS 18 (Sud) per circa 20 km, per raggiungere la prima tappa dell’itinerario: PAESTUM ( frazione di Capaccio), antica città fondata con il nome di Poseidonia intorno alla fine del VII secolo a.C. da coloni greci di Sibari, che raggiunse presto grande floridezza, come attestato dall’imponenza dei superstiti templi. Nel 273 a. C. divenne colonia romana con il nome di Paestum. Si abbellì di altri edifici come le terme e gli anfiteatri, conservando la sua floridezza fino al tardo Impero. Nell’alto Medioevo iniziò la sua decadenza, a causa delle alluvioni e della malaria e nel sec. IX, dell’invasione dei Saraceni. A seguito di ciò, venne abbandonata quasi completamente dai suoi abitanti che si insediarono sulle colline e montagne circostanti. Fino al ‘700 rimase nascosta e dimenticata tra boscaglie e paludi. Gli scavi comprendono una vasta zona a ovest della statale Tirrenica, il cui vecchio tracciato entra nell’area della città attraverso la porta Aurea delle antiche mura, e la traversa da Nord a Sud.
Da visitare gli scavi archeologici, con i templi di Nettuno, Cerere e la Basilica di impianto dorico; il Museo Archeologico Nazionale, uno dei più importanti del mondo famoso per la presenza della tomba del Tuffatore ( 480 a. C. ); il Santuario dedicato a Hera, presso la riva sinistra del Sele risalente al VII sec. a.C.; la Basilica Paleocristiana, di stile preromanico costruita prima dell’anno mille.Lasciato Paestum si prosegue lungo la SS166, dopo circa 10 km, ci si immette sulla strada locale in direzione CAPACCIO.

Capaccio Vecchio sorge ai piedi del Monte Calpazio, là dove Crasso ebbe ragione dei ribelli capeggiati da Spartaco. Nel 1062 fu sotto il dominio di Gisulfo II, al tempo di re Ruggero fu sotto Rainolfo di Alife, per passare poi ai Sanseverino. In mano ai Sanseverino fu assediata e distrutta da Federico II (oggi ne rimangono ancora le rovine).
I momenti successivi sono legati alle vicissitudini di Capaccio Nuovo, presente già prima del 1051, come testimonia un documento di quella data e che, molto probabilmente, scampò alla distruzione, al contrario di Capaccio Vecchio.
Dopo essere passato in mano a Raimondo Berengario, fu di nuovo dei Sanseverino, per passare quindi nelle mani di Cesare d’Avalos d’Aragona. Dal 1636 fu dei Doria, sotto il cui dominio rimase fino all’abolizione della feudalità.
Da visitare: Santuario Mariano Diocesano, fondato nel I sec. e dedicato alla Madonna del Granato; Convento dei Frati Minori, che presenta un chiostro settecentesco affrescato; la Chiesa di S. Pietro Apostolo, del ‘700 con pregevole portale e volte decorate e affrescate; l’intero centro storico con i suoi portali e la torre campanaria; il Santuario del Getsemani, risalente a questo secolo.

Passeggiate nel verde: lungo Fiume Sele, il Fiume Solofrone, la pineta del litorale tirrenico, i boschi di Montagna del Conte (10 ha di macchia mediterranea, con leccio e roverella), i boschi di Monte Soprano (15 ha a macchia mediterranea con leccio ed erica, oltre a castagno e a cerro).A 6 km da Capaccio, lungo la SS488, si raggiunge la cittadina di Trentinara.E ‘ probabile che la fondazione di Trentinara risalga all’anno 877 ad opera dei profughi pestani, costretti a rifugiarsi in zone più interne per sfuggire alle incursioni saracene.La testimonianza più antica della presenza di Trentinara è un documento del 1092, anno in cui Gregorio di Capaccio donò alla Chiesa di san Nicola di Capaccio le sue chiese di Trentinara.A Trentinara ebbero tragica conclusione i moti del Cilento il 12 luglio 1848.
Da visitare: La Chiesa della S. Rosario (sec. XVII – XVIII), la Chiesa di SS. Assunta (sec. XVII), la Chiesa di S. Nicola ( sec XI – XII), Il Santuario della Madonna di Loreto ( sec. XVIII), il centro storico con le sue sconnesse viuzze ed artistici portali.
Passeggiate nel verde: lungo i pianori del monte Vesole dove è possibile ossigenarsi e rinfrescarsi nei periodi estivi, tra la natura ancora incontaminata e le splendide visioni rarefatte a 360 gradi dell’universo territoriale; la suggestione della piazzetta panoramica che costituisce una invidiabile terrazza sulla piana di Paestum da dove è possibile gustare la inimitabile visione della costiera amalfitana, dell’isola di Capri, del Golfo di Salerno. Il vallone Serra con i suoi vecchi mulini e la caratteristica cascata lungo il quale sono stati ritrovati resti di insediamenti umani paleolitici.
Da Trentinara, si prosegue per circa 12 km sulla strada locale in direzione Monteforte Cilento.
Facente parte originariamente dello stato di Novi, nel 1148 passò al normanno Enrico, detto di Monteforte. In seguito fu concesso da re Manfredi a Barberino e Roberto de Finicolo che, nel 1271, furono costretti da Carlo I d’Angiò a restituirlo a Francesco, figlio di Teobaldo. Dal 1433 fu dei Sanseverino. Nel 1533 fu venduto a Bartolomeo del Mercato. Nel 1700 era di giurisdizione regia, pur appartenendo alla famiglia Zichi.
La popolazione partecipò attivamente ai moti risorgimentali e alcuni cittadini pagarono con la vita, come i fratelli Capozzoli fucilati a Palinuro nel 1829.
Cosa visitare: la Chiesa di Santa Maria Assunta, nel cuore del centro storico, la Chiesa di San Pietro e Palazzo Gorga, risalente al 1700.
Passeggiate nel verde: il bosco di Valdicioffo (50 ha di acero e cerro), bosco Farneta (100 ha di bosco ceduo, con prevalenza di cerro), bosco di Monte Chianello (100 ha di magnifiche leccete). Si possono osservare cinghiali, volpi tassi e falchi; le rive del Fiume Alento, che scorre in un fondo valle ampio e ghiaioso, il cui percorso è interrotto nel territorio di Monteforte dalla diga di “Piano della Rocca”. Lungo il corso del fiume si possono trovare ancora ruderi di casolari in pietra, vecchi mulini, selciati e mulattiere.
Continuando a percorrere la SS488, dopo pochi km si giunge nel territorio di Magliano Vetere.
Magliano Vetere risale molto probabilmente ai tempi dell’antica Roma e già nel VI secolo era noto con il nome di Vetera, ossia città vecchia.
Il nucleo primitivo occupava un punto di sicura importanza strategica, dominando il passo, detto della Pietra Perciata, che collega, in direzione nord-sud, la valle del Calore con quella dell’Alento (nel 1074 era uno dei quattordici valichi del Mezzogiorno con diritto di pedaggio).
Dopo la caduta dell’impero romano e la calata dei barbari il casale di Magliano fu trasformato, da Totila, in luogo fortificato. Nell’840 venne elevato a rango di contea. Successivamente passò sotto il dominio dei Normanni e, più tardi, elevato a rango di Stato di Magliano. Fu poi dei Sanseverino fino al 1498 e quindi dei Carafa.
La notte del 9 aprile 1669 Magliano Grande (Magliano Nuovo) fu incendiato. Successivamente fu ricostruito grazie alla tenacia e alla costanza dei suoi abitanti.
Da visitare: la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1660 (a Magliano Vetere), la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1600 e ricostruita nel secolo successivo dopo l’incendio che la distrusse completamente (frazione Magliano Nuovo), la Chiesa di San Fortunato (alla frazione Capizzo), risalente al 1500, considerata tra le più belle del Cilento.
Passeggiate nel verde: ai piedi della ripida fiancata sud – occidentale della catena montuosa del gruppo Monte Faito (1163 m)-Rupa della Noce (1165 m), che divide il bacino dell’Alento da quello del Calore; nei boschi di Montagna Piano (10 ha di castagneti), di Montagna (65 ha di cerro, roverella e ontano napoletano), di Lavanghe e di Pietra Perciata (8 ha complessivi di rimboschimenti a pino). Si possono osservare cinghiali, volpi e lupi.
Percorrendo ancora 10 km lungo la SS 488 si arriva a Felitto.
Incerta è l’origine del suo nome: secondo alcuni deriva dal latino filix (felce), secondo altri dal greco phelistion oppure phiulatto (guardare, custodire, vigilare). Quest’ultima ipotesi sembra la più accreditata, vista l’origine greca del paese e considerata la sua posizione topografica.
Il suo nome compare per la prima volta nel 1191, in una bolla di Celestino III.
Nel 1269, con il titolo di barone, ne entrò in possesso Guglielmo da Sancto Lupo.
Nel 1308 era signore di Felitto Riccardo Domnusco, dopo il 1380 ne fu signore Nicola Sannazzaro di Pavia. Successivamente fu dei Sanseverino.
Intorno al 1700 Felitto era ancora circondato da robuste mura, intervallate da torri. Vi si accedeva attraverso tre porte di cui, alla fine del 1700, ne esistevano ancora due.
Ai primi del 1800 era ancora posseduto dai Carafa.
Il paese ebbe un grande ruolo nelle vicende storiche del periodo risorgimentale del Cilento.
Da vedere: i ruderi delle vecchie torri medioevali, costruite tra il 1000 e il 1100 e la Chiesa di Santa Maria Assunta, risalente al 1200, e l’intero centro storico caratterizzato da portali di notevole pregio e scorci suggestivi;
Passeggiate nel verde: Felitto presenta notevoli estensioni di boschi, tra cui il bosco Farneta (750 ha di macchia mediterranea, con presenza di cerro) e il bosco Montagna (750 ha di macchia mediterranea, con presenza di leccio).
Una spettacolare attrattiva della natura è rappresentata dal fiume Calore che, attraverso meandri stretti e tortuosi (è per questo motivo che vi si svolgono anche campionati di canoa), si incunea tra pendici ricoperte da rigogliosa e fitta vegetazione tra cui leccio, orniello, carpino nero, edera, pungitopo, felci, ospitando un’interessante fauna ittica, tra cui anche trote, che nelle sue acque fredde trovano il loro habitat ideale; località “Romolino” che presenta un parco attrezzato a ridosso del fiume Calore.
Tappa successiva dell’itinerario è Castel San Lorenzo, a soli 5 km da Felitto lungo la SS 488.
Il primo insediamento di Castel San Lorenzo si formò intorno al monastero di San Lorenzo de Strictu, esistente già nel 1144 e si estese come sua proprietà.
Successivamente il monastero perse la potestà del villaggio, per riacquistarla successivamente grazie all’intervento di Carlo I d’Angiò e riperderla definitivamente nel 1497. Passò definitivamente ai Carafa, principi di Stigliano, sotto cui è rimasto fino agli inizi del 1900.
Da vedere: il castello (costruito tra il XIII e il XIV secolo ed attualmente in fase di restauro), la Chiesa dei SS. Cosma e Damiano (risalente al XVIII secolo), la Chiesa di San Giovanni Battista (costruita nel XII secolo in stile romanico) e la Chiesa della Madonna della Stella (edificata nel XII secolo). Interessante è il Museo della civiltà contadina e dell’artigianato locale, presso la Scuola Media Statale, che conserva strumenti ed utensili vari adoperati un tempo in campo agricolo ed artigianale.
Passeggiate nel verde: Castel San Lorenzo è caratterizzato da un territorio a carattere prevalentemente collinare; pochi sono i suoi boschi, tra cui segnaliamo bosco Infitina, bosco Scanni Rossi, bosco Zembrone (con macchia mediterranea), bosco Laurenti e Bosco Foresta (castagno); di rilievo il percorso, che si svolge in parte tra i vigneti, lungo il fianco sinistro della media valle del Calore che occupa una posizione dominante la confluenza del torrente Ripiti con il fiume Calore.
Da Castel San Lorenzo si giunge percorrendo 2,3 km su la SS 488 e 2.3 km lungo la SS 166 a Rocca d’Aspide.
E’ sicuramente il centro più importante della Comunità Montana del Calore Salernitano (di cui ne è la sede amministrativa) e ciò è testimoniato anche dalla presenza di diverse strutture pubbliche cui fa riferimento la popolazione della valle del Calore.
E’ probabile che la sua fondazione sia avvenuta intorno al 70 a. C. ad opera di alcuni ribelli di Spartaco, i quali costruirono le proprie dimore sullo sperone roccioso dove oggi sorge il castello.
Il suo nome ha subìto delle modifiche nel tempo: nel 900 era chiamata Casavetere di Capaccio o San Nicola de Aspro, nel 1191 compare per la prima volta il nome di “Rocca”, a dimostrazione dell’esistenza di una rocca o di una torre. Successivamente diventò Rocca de Aspro (in greco aspro significa scudo o difesa), quindi Rocca de Aspris , poi ancora Rocca del Aspidi, Rocca dell’Aspide e quindi definitivamente, intorno alla metà del secolo scorso Roccadaspide.
La sua storia è legata a quella del castello feudale, eretto nel 1245 ai tempi di Federico II. Fu dapprima di Fabio Castrioto per passare poi a Bartolomeo Caracciolo e quindi ai principi Filomarino di Napoli.
Oggi il castello appartiene alla famiglia Giuliani che lo acquistò dai Filomarino, insieme ad altri beni e proprietà, nel primo trentennio del secolo scorso.
Da vedere: il Castello Feudale costruito intorno al 1000, la Chiesa Madre di Santa Sinforosa (nel cuore del centro storico, costruita intorno alla metà del secolo XV e dedicata alla patrona del paese), la Chiesa della Natività della Beata Vergine (del secolo XVII, la più grande del paese, riaperta al culto di recente dopo i restauri dai danni del terremoto del 1980), la Chiesa di Santa Maria delle Grazie con annesso il Convento di S. Antonio (costruiti nel 1495), la Chiesa del Carmine o dei Morti (situata nella piazza centrale del paese e risalente al XVIII secolo).
Passeggiate nel verde: Rocca d’Aspide presenta interessanti risorse boschive, tra cui soprattutto castagneti da frutto, producenti il rinomato “marrone di Roccadaspide” e che si estendono su una superficie di oltre 100 ha. Importanti sono anche gli oltre 700 ha di bosco ceduo, con cerro, roverella, carpino nero e orniello del bosco di Piano delle Mandorle; interessante è percorrere le rive del Calore il cui corso in questo tratto è tortuoso e spettacolare.
Ultima meta di questo itinerario è rappresentata dal comune di Albanella ubicata a 11 km da Rocca d’Aspide, lungo la strada Provinciale.
Le origini di Albanella risalgono ai profughi di Paestum che, dopo le incursioni saracene del IX secolo, cercarono insediamenti più sicuri. II ritrovamento di tombe, databili intorno alla fine del V secolo a.C., attesta pero che in quel luogo erano presenti già insediamenti urbani dei Greci o Lucani della vicina Paestum.
L’etimologia del nome potrebbe derivare da Alba (bianco oppure alto) ed Ellas (Grecia), la terra natia dei profughi pestani, fondatori di Albanella.
Fonti storiche testimoniano I’appartenenza di Albanella alla Baronia di Fasanella e successivamente feudatario di Albanella Giovanni di Montenegro, signore di Corneto e Rocca dell’Aspro.
Nel 1465 Albanella passò a Roberto Sanseverino, conte di Caiazzo, il quale nel 1484, con assenso reale, donò al figlio Giovan Francesco il feudo, comprendente tra gli altri Felitto, Roscigno, Serre, Campora e Persano.
Vari Signori si sono poi succeduti nel possesso di Albanella, fino alI’abolizione del feudalesimo.
Da vedere: la Chiesa di S. Sofia, edificata nel 1500, che custodisce un antico organo a canne perfettamente funzionante e la statua di S. Sofia,
Passeggiate nel verde: il bosco Camerine (111 ha di macchia Mediterranea), il Parco della Giunta Sele e Calore, il Parco del Fiume Cosa e la Collina Della Difesa Ciglio.